Non tutte le persone ne hanno sentito parlare, magari soltanto quelle hanno avuto a che fare con contratti di locazione di abitazioni, come ad esempio gli studenti universitari oppure dei lavoratori fuori sede, comunque il cosiddetto adeguamento Istat per gli affitti può essere considerato come una sorta di aggiornamento del canone di locazione di un immobile appunto e viene eseguito praticamente ogni anno.

Tale aggiornamento solitamente si applica, come vedremo, ai vari contratti di affitto sottoscritti tra le parti, tuttavia esso trova anche ulteriore attuazione per gli assegni che vengono pagati periodicamente dai coniugi separati.

Comunque, nel nostro caso, ci interessa il suo funzionamento nella prima circostanza, quindi per quanto riguarda le locazioni, e proveremo a spiegare in cosa consista esattamente e come prestarvi attenzione se dovesse essere applicato.

L’Istat pubblica mensilmente l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI) aggiornato. Si tratta dell’indice che viene utilizzato per la rivalutazione dei canoni d’affitto. Le condizioni e le modalità di calcolo della rivalutazione variano però a seconda del contratto e richiedono alcune accortezze. Vediamo quindi come funziona e come si calcola l’adeguamento Istat del canone di locazione.

In pratica, il canone di locazione annualmente viene aggiornato ed adeguato all’indice dei prezzi al consumo, cioè al tasso d’inflazione, che viene pubblicato periodicamente dall’Istat (l’istituto italiano di statistica). A seguito di uno specifico calcolo, la cifra che viene fuori deve essere aggiunta al canone prestabilito pagato mensilmente dal conduttore (l’affittuario della casa).

Ricordiamo che in ogni contratto di locazione può essere inserita tale clausola di adeguamento Istat, tuttavia non è obbligatoria. Come vedremo, tale adeguamento può essere in misura del 75% oppure del 100% in riferimento alla variazione dell’indice dei prezzi al consumo.

Istat adeguamento affitti contratti 4+4

Per i contratti di locazione 4+4 è possibile applicare la rivalutazione fino al 100% dell’indice Istat, purché sia espressamente prevista dal contratto.
La legge 431 del 1998 ha infatti abrogato l’articolo 24 della legge 392 del 1978 che prevedeva l’aggiornamento annuale del canone di locazione per un importo pari al 75% dell’indice Istat, con obbligo per il locatore di richiedere al conduttore la rivalutazione con lettera raccomandata.

Di conseguenza locatore e conduttore potranno pattuire le modalità dell’aggiornamento, purché queste siano esplicitamente previste nel contratto di affitto.
Le modalità dell’aggiornamento del canone nel 4+4 dipendono da quanto pattuito nel contratto:

  • Se il contratto di locazione prevede un aggiornamento del canone a richiesta il locatore dovrà comunicare al conduttore la rivalutazione dell’affitto.
  • Se il contratto di affitto prevede una clausola di aggiornamento automatico del canone il locatore avrà diritto alla rivalutazione dell’affitto anche in assenza di espressa richiesta.

In tali situazioni, infatti, bisogna prestare molta attenzione a quanto viene scritto nel contratto di locazione. Se in esso l’aggiornamento è effettuato “a richiesta”, nessun aumento e quindi nessuna rivalutazione è dovuta se non espressamente chiesta dal locatore e quest’ultimo, come vedremo, in caso di dimenticanza, non potrà richiedere gli arretrati, bensì solo un semplice aggiornamento.

Cosa ben diversa accade, invece, se nel contratto vi è la clausola che prevede un adeguamento automatico del canone d’affitto senza richiesta da parte del locatore. Infatti, dovrà essere premura del conduttore, annualmente, pagare il canone aggiornato, ad iniziare dall’anno successivo a quello della stipula del contratto di locazione.

E se fosse il conduttore a soffrire di dimenticanza, allora questi sarà costretto a pagarne le conseguenze economiche.

Come si può notare, a fare la differenza tra le due ipotesi è proprio l’espressione “senza richiesta”, che solleva il locatore da varie incombenze e le trasmette invece al conduttore, che dovrà fare attenzione all’adeguamento annuale ed a pagare eventuali errori compiuti. Tutto ciò, comunque, fino ad un massimo retroattivo di cinque anni. Infatti, trascorso tale termine, nessun pagamento arretrato può essere richiesto dal locatore.

Calcolo adeguamento Istat canone locazione anni pregressi

Ricapitolando, che cosa succede se il locatore, quindi, non chiede al conduttore i canoni rivalutati?
In caso di contratto con aggiornamento a richiesta il locatore non può chiedere gli arretrati. Potrà soltanto calcolare il nuovo canone tenendo conto degli aggiornamenti intervenuti a partire dalla data di stipula del contratto.
Se invece il contratto prevede l’aggiornamento automatico spetterà all’affittuario il versamento dei canoni rivalutati, anche in assenza di esplicita richiesta. E se non paga dovrà versare anche gli arretrati.

Adeguamento Istat affitti contratti 3+2

Per i contratti a canone concordato, ovvero 3+2, la rivalutazione degli affitti deve essere prevista dall’accordo locale e in misura non superiore al 75% dell’indice Istat, come sancito dal decreto del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti del 30 dicembre 2002.

Nel contratto tipo fornito nell’Allegato A del decreto, viene affermato il diritto del locatore a percepire i canoni aggiornati.

Ne consegue che quando viene prevista la rivalutazione dei canoni di affitto non è necessaria la richiesta tramite raccomandata e, in caso di mancato pagamento, l’affittuario dovrà provvedere al pagamento degli interessi.

Rivalutazione Istat affitti contratti di locazione commerciale

Per le locazioni ad uso diverso da quello abitativo, comprese le locazioni commerciali, la rivalutazione del canone di locazione deve essere prevista nel contratto di locazione e non può superare il 75% dell’indice Istat, come previsto dall’articolo 32 della legge 392 del 1978, aggiornato dall’articolo 1 della legge 118 del 1985.

La Cassazione con la sentenza 3014 del 28 febbraio 2012 ha chiarito che per i contratti di locazione diversi da quelli a canone libero 4+4 l’adeguamento del canone deve essere espressamente richiesto dal locatore, mentre è nulla qualunque clausola di adeguamento automatico del canone.

Comunque, in questo caso, il locatore può richiedere legittimamente l’aumento del canone d’affitto, di cui si era dimenticato magari in precedenza, ma non potrà in nessun modo richiedere eventuali arretrati, in quanto l’adeguamento del canone, in tale circostanza specifica, può essere solo fatto a richiesta appunto e non può essere considerato automatico.

Indice Istat affitti

La rivalutazione va calcolata rispetto alla data di scadenza annuale del contratto di affitto, applicando l’indice Istat più aggiornato.
Di seguito troveremo un esempio dell’indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), aggiornato al Maggio 2019, attraverso cui fornire i dati essenziali, ribadiamo a titolo esemplificativo, per il calcolo dell’adeguamento del canone d’affitto di un immobile:

  • Indice generale FOI 102,7
  • Variazione percentuale rispetto al mese precedente +0,1
  • Variazione percentuale rispetto allo stesso mese dell’anno precedente +0,7
  • Variazione percentuale rispetto allo stesso mese di due anni precedenti +1,6

Ogni anno calcoleremo la rivalutazione applicando la variazione del mese di riferimento rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.

Tutti gli aggiornamenti dell’indice Istat affitti sono disponibili in questa pagina

Come si calcola l’adeguamento Istat del canone di locazione

Per calcolare la rivalutazione del canone di affitto dobbiamo innanzitutto individuare il coefficiente, moltiplicando la variazione dell’indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI) per la percentuale di riferimento.
Supponiamo di avere un contratto di affitto a canone concordato stipulato nel mese di febbraio 2016 con adeguamento del canone nella misura del 75% dell’indice Istat. Il coefficiente per l’adeguamento è pari a: 0,7×75/100=0,525
Nell’ipotesi che il canone di affitto sia pari a 1.000 euro l’adeguamento sarà pari a: 1.000×0,525/100=5,25 euro

Rivalutazione Istat affitti: non si applica in caso di cedolare secca

Ricordiamo, infine, che i locatori che optano per il regime della cedolare secca rinunciano agli aggiornamenti dei canoni di locazione, compresa la rivalutazione in base agli indici Istat.

E tutto questo risulta essere di considerevole importanza, da diversi punti di vista. In particolare, come vedremo, per ciò che concerne la comunicazione al conduttore dell’adesione al regime della cedolare secca appunto.

Nello specifico, il locatore deve dare tempestiva e preventiva comunicazione al conduttore riguardo tale adesione e quindi di contestuale rinuncia all’adeguamento Istat. Il tutto attraverso una lettera raccomandata.

Naturalmente, non risulta obbligatoria nessuna comunicazione nel caso in cui il contratto di locazione sottoscritto tra le parti sia di tipo breve oppure lo stesso documento preveda espressamente una clausola di rinuncia a tale adeguamento.

Nell’ipotesi opposta, in cui invece si revochi l’adesione alla cedolare secca (e quindi si possa far valere l’aggiornamento del canone), la comunicazione di tale decisione non è obbligatoria, tuttavia risulta opportuna nei confronti del conduttore.

Tutto questo, come dicevamo, risulta fondamentale alla luce soprattutto dei vari interventi effettuati a tal proposito dall’Agenzia delle Entrate, al fine di chiarire vari dubbi sorti tra i contribuenti.

Come si può notare, in questa come in altre situazioni, la comunicazione risulta essere un passaggio importante, come può esserlo anche in presenza di eventuali proroghe del contratto d’affitto, in cui vi sia o meno l’adesione eventuale alla cedolare secca.