In tema di condominio negli edifici, se assieme ad unità immobiliare sono anche cedute le scale che vi consentono l’accesso (dal piano terra fino al piano di riferimento), ciò non sta a significare che nella cessione di quella parte dell’edificio debba essere considerata implicitamente ricondotta anche la cessione del così detto sottoscala.

Il sottoscala, infatti, rappresenta un’entità autonoma rispetto alle prime e, di conseguenza, in assenza di specifiche disposizioni in merito, lo stesso dev’essere considerato condominiale o, ove possibile, di proprietà esclusiva di altri condomini.

Questa, nella sostanza, la decisione cui è giunta la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 28350 resa il 18 dicembre 2013.

Scale condominiali.
Le scale, per espressa previsione dell’art. 1117 c.c. sono parti comuni. Alle scale devono essere equiparati i pianerottoli.

Quand’è stata chiamata a pronunciarsi in materia di condominialità di scale e pianerottoli, la Corte di Cassazione ha avuto modo di specificare che “le scale, come i pianerottoli quali componenti essenziali di esse, elementi necessari alla configurazione di un edificio diviso per piani o porzioni di piano in proprietà esclusiva e mezzo indispensabile per accedere al tetto o alla terrazza di copertura, anche al fine di provvedere alla loro conservazione, tali beni hanno natura di beni comuni ex art. 1117 cod. civ., anche relativamente ai condomini proprietari dei negozi con accesso dalla strada, essendo anch’essi interessati ad usufruire delle scale, e quindi dei pianerottoli, perché interessati alla conservazione (e manutenzione) della copertura dell’edificio della quale anch’essi godono (v. sent. 761/79)” (così Cass. 10 luglio 2007 n. 15444).

Chiaramente il titolo, ossia gli atti d’acquisto ed i regolamenti contrattuali, possono giungere a conclusioni differenti.

Così è del tutto legittima la previsione contrattuale che preveda la cessione delle scale al proprietario dell’ultimo piano. Ciò chiaramente avviene soprattutto nei piccoli condomini, oppure nei condomini minimi e prevede, necessariamente, la costituzione di servitù di passaggio a favore, ad esempio, dei comproprietari di tetto e lastrico solare.

E’ evidente che la cessione delle scale possa avvenire:

  • al momento della formazione del condominio e quindi al momento della cessione di almeno un’unità immobiliare da parte dell’originario unico proprietario;
  • successivamente ma solamente con il consenso di tutti i condomini.

Come si diceva in principio, cessione delle scale non significa automatica cessione del vano sottoscala.

In tal senso di recente, e sulla scorta di precedenti pronunciamenti in materia, è stato affermato che “nella ipotesi in cui un condomino risulti proprietario esclusivo della rampa di scale accedente al suo appartamento, la parte di area sottostante le scale non può ritenersi idonea a costituire, con esse, una entità unica ed inseparabile (così da rendere non predicabile la ipotesi che il dante causa del detto condomino, nell’alienare la proprietà delle scale, abbia potuto escludere dalla vendita la superficie sottostante), postulando il concetto di incorporazione, al pari di quello di accessione, una unione fisica e materiale del manufatto rispetto suolo (o, in ogni caso, l’impossibilità di utilizzare il suolo stesso come entità autonoma rispetto al manufatto), ciò che non è lecito affermare con riguardo ad una superficie (libera) sormontata da una rampa di scale”. (così Cass. Sez. 2 n.8717/1997)” (Cass. 18 dicembre 2013 n. 28350).

Una diatriba condominiale e da cosa nasce

Tutto nasce dalla citazione in giudizio da parte del condominio verso un residente dello stesso.

Vediamo come questa figura, proprietario di alcuni locali posti al piano terra dell’edificio, si impossessa di un’area considerata proprietà condominiale nella quale, in seguito, realizza un bagno.

Alla richiesta di rimozione del bagno avanzata dal condominio, il singolo condomino risponde dichiarando il suo diritto su quell’area, in quanto a suo dire acquisita per usucapione.

Una volta in giudizio, i togati di primo grado hanno dato ragione al singolo condomino, ma in secondo grado la sentenza è stata ribaltata condannando il soggetto a restituire l’area indebitamente acquisita, restituendola all’uso comune condominiale.

Il tutto sulla base del fatto che un sottoscala risulta essere una proiezione delle scale e pertanto parte comune dell’edificio. Per quanto riguarda poi l’usucapione, in tribunale è stato evidenziato come la situazione originaria dei luoghi si era modificata nel corso del tempo.

L’area, inizialmente, infatti, veniva utilizzata come garage. In seguito, parte di questo è stato incorporato nel negozio del condomino citato in giudizio. Tuttavia, secondo i giudici d’appello, l’uso del garage non poteva creare i presupposti di un possesso per usucapione, ma era invece espressione di un compossesso assieme agli altri condomini.

L’eventuale acquisizione per usucapione del locale, semmai, poteva decorrere dal momento in cui lo stesso veniva inserito all’interno del negozio di proprietà esclusiva del condomino e l’utilizzo aveva una durata di oltre vent’anni. Di conseguenza, in questo grado di giudizio, si  è data ragione al condominio.

La Cassazione ed il giudizio finale

In questa vicenda, elemento certo da cui partire, come abbiamo detto, è la considerazione che un sottoscala risulta parte comune di un edificio condominiale, in quanto proiezione delle scale dello stesso, così come determinato anche dall’articolo 1117 del Codice Civile. Eventualmente, spetta a chi rivendica l’acquisto di tale area, l’onere di provare che questa porzione di edificio sia stata avocata dal venditore in un primo atto di frazionamento.

Infatti, gli stessi giudici di Cassazione hanno in varie occasioni affermato che per determinare la sussistenza di un titolo contrario all’uso comune di tale area condominiale, è necessario prendere come riferimento l’atto costitutivo dello stesso condominio e, in particolare, il primo atto di trasferimento di un immobile dal proprietario originario ad un altro soggetto.

Da ciò si evince che, se al momento della prima vendita, la proprietà di un singolo bene facente parte di quelli comuni dell’intero edificio viene di fatto riservata invece ad un singolo contraente, è escluso che il suddetto bene rientri tra quelli appunto di uso comune e quindi condominiali.

Nel caso in questione poi, un’ulteriore conferma della proprietà comune del sottoscala, deriva da quanto è contenuto all’interno del regolamento condominiale. I giudici, perciò, in mancanza di un titolo idoneo contrario che superasse tale proprietà condivisa condominiale, hanno confermato che l’area rientrasse in quest’ultima fattispecie.

Infine, per ciò che concerne l’usucapione e la sua decorrenza, secondo la Suprema Corte era onere del singolo condomino provare la data iniziale di tale decorrenza, coincidente poi con l’avvio dei lavori di accorpamento dell’area.

Di conseguenza, si è confermata la sentenza a favore del condominio, come si può evincere dall’ordinanza n°22442 del 9 Settembre 2019 della Corte di Cassazione.