Non rappresenta un caso molto comune, tuttavia può capitare che un parente possa lasciare una eredità ad un minore. Quest’ultimo poi potrà decidere cosa farne: ad esempio potrà vendere il patrimonio acquisito oppure detenerlo ed usufruire anche delle eventuali agevolazioni sulla prima casa, nell’ipotesi che il soggetto naturalmente ne abbia i requisiti previsti dalla legge.
Ma cosa succede appunto nel caso sia un minore ad ereditare un patrimonio e quindi sia chiamato ad una successione? Prima di approfondire questo argomento, è opportuno tuttavia chiarire sinteticamente quale sia la posizione giuridica di un minore nell’ordinamento italiano e quali azioni o atti può svolgere, nel caso.
Un minore per la normativa italiana
Così come gli adulti, anche un minore risulta essere un soggetto di diritto nel nostro ordinamento, in quanto è dotato della cosiddetta capacità giuridica, cioè dell’attitudine a detenere ed usufruire di diritti e doveri.
Differente da questa è, invece, la capacità di agire, cioè quell’attitudine a compiere degli atti giuridici che abbiamo degli effetti determinati, quali acquistare dei diritti oppure assumere dei doveri.
Tale capacità presuppone che il soggetto sia in grado di valutare il significato e la portata dei propri atti e, di conseguenza, si prevede possa essere acquisita soltanto con la maggiore età e quindi col compimento dei 18 anni.
Un esempio tipico di tali atti può essere la sottoscrizione di un qualsiasi contratto. Il minore può, dunque, acquistare diritti od assumere doveri soltanto attraverso un legale rappresentante.
Il minore è sottoposto quindi alla potestà dei genitori oppure, in mancanza di questi, è sotto la responsabilità di un tutore, nominato da un giudice tutelare.
Il tutore poi potrà svolgere diverse azioni o compiere degli atti giuridici in nome e per conto del minore, su cui ricadranno gli effetti di tali azioni. Ma, nel caso di una successione, cosa implica e qual è la procedura che si segue in genere in tali circostanze?
Soggetti minori ed eventuali eredità
Nel caso un individuo minorenne sia oggetto di un lascito e quindi di una successione, testamentaria o legittima che sia, vi sono alcuni passaggi fondamentali da eseguire.
Il primo, essenziale, per i genitori o l’eventuale tutore, è quello di accettare o rifiutare l’eredità. Naturalmente, prima di esprimere tale decisione, si dovrà effettuare una valutazione della convenienza di tale eredità.
Da qui l’opportunità di una perizia svolta da un tecnico e che possa accertare il valore e tipo di lascito.
Nel caso, ad esempio, di un immobile, verificarne appunto il valore, l’eventuale presenza di un mutuo o la necessità di interventi edilizi.
Solitamente, l’accettazione dell’eredità deve avvenire con beneficio d’inventario. Quest’ultimo, come indicato dall’art. 471 del Codice Civile, è un atto essenziale ed un meccanismo che limita la responsabilità dell’erede (minorenne) a quanto ereditato, nel caso vi siano anche dei debiti del defunto.
In particolare, il “beneficio d’inventario” (in pratica un inventario dei beni del defunto) rappresenta una forma di tutela del soggetto minorenne, in quanto consente di separare il patrimonio di quest’ultimo dai beni che invece si ereditano, senza quindi compromettere il suo patrimonio originario in casi di debiti o altre problematiche.
L’atto di accettazione dell’eredità con beneficio di inventario deve essere pubblico, quindi attraverso dichiarazione davanti al notaio o al cancelliere del tribunale del luogo ove si è aperta la successione.
Nel caso specifico di un minore, si richiede, nell’ipotesi di accettazione dell’eredità, di farlo con tale beneficio d’inventario.
La normativa prevede poi che lo stesso soggetto abbia dieci anni di tempo per accettare tale lascito, tuttavia l’inventario dovrà essere richiesto entro 12 mesi dal compimento del 19° anno di età. Se ciò non avvenga, allora il minore diverrà erede senza beneficio e quindi il suo patrimonio originario non sarà distinto da quello ereditato, anche in caso di debiti.
Giudice tutelare ed autorizzazioni necessarie
Abbiamo detto come atti giuridici con effetti sul minore possano essere eseguiti dai genitori o dal tutore, tuttavia esistono degli atti di straordinaria amministrazione (come appunto può essere l’accettazione o la rinunzia ad un’eredità) che, invece, presentano maggiori vincoli. In particolare, tali atti possono essere compiuti soltanto se vi sia un’evidente necessità o utilità per il soggetto minorenne e poi previa necessaria autorizzazione del giudice tutelare del tribunale ove sia domiciliato il minore.
Di conseguenza, tutore o genitori di quest’ultimo possono presentare un ricorso in cui siano evidenziati eventuali opportunità e benefici derivanti dall’accettazione dell’eredità. Adempiuta questa formalità, gli stessi soggetti allora potranno recarsi presso un notaio o il cancelliere del tribunale per formalizzare tale accettazione e fare l’inventario dei beni.
Ma Cosa accade se……….. Desidero acquistare una seconda casa da destinare ad un nipote minore ?
Tecnicamente parlando si tratta, come da lei giustamente intuito, di una donazione indiretta, poiché la persona che impiega il denaro per il compimento di questa operazione realizza, anche se indirettamente, una vera e propria donazione, con conseguente depauperamento del donante e contestuale incremento patrimoniale del beneficiario/intestatario dell’immobile così acquistato.
Il contratto così concluso si allontana dallo schema tipico della donazione, normalmente stipulata per atto pubblico e con la presenza di due testimoni, tuttavia è inequivocabile che stiamo parlando di un negozio giuridico pienamente ammesso nel nostro ordinamento, come confermano:
- il vigente codice civile. Esso riconosce le cosiddette donazioni indirette, precisando e stabilendo, altresì, come a queste siano applicabili alcune norme che si riferiscono alle donazioni tipiche [1];
- la giurisprudenza corrente. Essa chiarisce che la donazione indiretta consiste, comunque, nell’elargizione di una liberalità. Questa verrebbe eseguita, non con lo schema standard previsto in questi casi, ma piuttosto con un contratto oneroso che produce, contestualmente con gli effetti che gli appartengono, l’arricchimento del destinatario della stessa liberalità [2]. Inoltre, a proposito dell’acquisto di un immobile da parte di un soggetto con denaro appartenente ad un altro, la Suprema Corte di Cassazione ha chiarito che questa operazione integra gli estremi di una donazione indiretta, sole se il corrispettivo della compravendita viene erogato completamente dal donante al donatario allo scopo esclusivo di acquistare il bene oppure attraverso il pagamento diretto dell’importo pattuito al venditore [3]. Viceversa se il donante consegna al donatario una somma di denaro che questi decide di impiegare per l’acquisto di un immobile, non si ha donazione indiretta di quest’ultimo, ma soltanto una semplice donazione diretta della cifra in questione.
Chiarito, quindi, che l’operazione paventata in quesito rientra nello schema della donazione indiretta e che questa è teoricamente fattibile senza alcun problema, diventa fondamentale esaminare il secondo aspetto molto importante della vicenda qui in esame: l’acquisto di un bene da parte di un minore.
A questo riguardo, è bene ricordare che la donazione di un bene (diretta o indiretta che sia) a favore di un minorenne è pacificamente considerata dalla legge italiana un atto di straordinaria amministrazione.
Per questa ragione, l’acquisto della nuova casa, con denaro proprio e contestuale intestazione a favore di suo nipote (anche se dovesse essere parziale e in comproprietà con la madre) necessita di autorizzazione ad opera del giudice tutelare nonché di specifica accettazione da parte dei rispettivi genitori e intervento dei medesimi nel procedimento dinanzi al Tribunale competente.
Un minorenne, infatti, non ha la capacità giuridica per partecipare ad un atto di compravendita come quello prospettato in quesito, ma necessita dell’accettazione dei propri genitori in luogo e per conto del medesimo, in quanto congiuntamente rappresentanti del proprio figlio in tutti gli atti civili.
Il padre e la madre, infatti, per esplicita previsione normativa, non possono vendere un bene del medesimo, accettare donazioni oppure realizzare altri atti eccedenti la cosiddetta ordinaria amministrazione, se non per necessità o utilità evidente del figlio e solo dopo aver ricevuto l’autorizzazione dal giudice tutelare [4].
In questo caso, pertanto, sarà necessario avviare un procedimento giudiziale (definito tecnicamente di volontaria giurisdizione), con ricorso da depositare presso il Tribunale competente nel territorio di domicilio del minore, per ottenere il requisito indispensabile alla realizzazione della donazione indiretta voluta.
Potrebbe essere lo stesso notaio, incaricato per la stipula dell’atto, ad assistervi nell’intero compimento del procedimento appena descritto (sempreché vi sia pieno accordo tra la parte donante e quella donataria), che dovrebbe concludersi in poche settimane, fatte salve le esigenze d’ufficio del Tribunale coinvolto.
Detto ciò, sembra opportuno affrontare ed approfondire un argomento non di poco conto che caratterizzerebbe l’operazione che intende realizzare e che potrebbe condizionare l’intera vicenda: i futuri diritti ereditari di suo figlio.
Questi è, infatti, considerato dalla legge come un suo potenziale erede legittimario. In termini più semplici, ciò significa che suo figlio avrà diritto ad una quota minima del suo patrimonio; e poiché, secondo la legge stessa, il patrimonio ereditario di una persona defunta deve essere calcolato considerando non soltanto i beni rimasti, ma anche quelli che sono stati oggetto di donazione in vita, suo figlio, alla sua dipartita, potrebbe chiedere conto della donazione indiretta da lei realizzata a favore di suo nipote.
In pratica il figlio del donatario potrebbe agire in riduzione nei confronti della predetta liberalità, ove mai la stessa fosse necessaria per ripristinare la quota minima ereditaria a lui spettante: ad esempio potrebbe pretendere dal figlio la somma di denaro necessaria ad integrare quanto dovutogli a titolo ereditario (ovviamente non è detto che lo faccia, ma per compiuta informazione, devo chiarirle questo aspetto).
Questa situazione potrebbe altresì incidere sul compimento della stessa donazione ipotizzata in quesito.
Infatti per il figlio , per le ragioni appena esposte, sarebbe in conflitto di interessi patrimoniale con il nipote del donatario.
Per questa ragione, la rappresentanza del nipote spetterebbe esclusivamente alla madre, così come prevede la legge in questi casi [5], che, in sostanza, una volta autorizzata dal giudice tutelare, procederebbe ad accettare la donazione indiretta in luogo e per conto del minore. Circostanza questa che, però, non impedirebbe all’altro genitore (cioè suo figlio) di fare reclamo avverso il provvedimento del Tribunale adito [6].
In sostanza, quindi, appare chiaro che la donazione indiretta immobiliare qui esaminata sarebbe fattibile, ma potrebbe risultare complicata e ritenuta poco opportuna, soprattutto in presenza di dissapori e contrasti tra i genitori del nipote e di disaccordo con il figlio del donatario.
Infine non manchi di considerare che di fronte a tali potenziali difficoltà, l’ipotetico venditore potrebbe preferire un acquirente e una procedura di vendita del proprio immobile più agevole e meno tortuosa di quella si prospetterebbe.
D’altra parte se intende intestare un immobile al bambino, anche solo in comproprietà con la madre, non c’è altra strada per farlo oltre quella qui descritta.
Pertanto, se in relazione alla prospettata separazione della coppia, il suo scopo è quello di investire in un immobile in grado di assicurare a suo nipote un’abitazione stabile dove vivere con la madre, ma nel contempo vuole aggirare ogni tipo di contrasto di fatto con il figlio del donatario, una soluzione potrebbe essere quella di acquistare personalmente la casa desiderata, per poi successivamente destinarla in comodato d’uso gratuito a favore di sua nuora, con termine di durata del contratto, ad esempio, sino alla maggiore età del nipote.
Si tratterebbe di un’operazione fattibile, senza ricorrere al giudice tutelare, e che non comporterebbe alcuna conseguenza sul piano ereditario.
La Cassazione [7] ha infatti escluso che la concessione in comodato d’uso gratuito di un immobile possa rientrare nello schema della donazione indiretta e che, pertanto, possa essere oggetto di un’eventuale azione di riduzione.
In tal caso, infatti, sostengono gli Ermellini, l’obbligo di restituzione della cosa comodata:
- sarebbe incompatibile con la perdita definitiva del bene, tipica della donazione;
- sarebbe indice dell’assenza della volontà di donare (cosiddetto animus donandi) in capo al soggetto comodante.
Resta pertanto da decidere come procedere, anche alla luce delle varie considerazioni espresse nella presente esposizione dei fatti .