Ogni condominio, insieme alle quote immobiliari private, ha anche delle parti comuni. 

L’articolo 1117 del Codice civile le definisce come frazioni di edificio di proprietà di tutti i condomini, quindi nessuno può essere esonerato dal pagamento delle spese di manutenzione e conservazione.

Le parti comuni del condominio, inoltre, sono indivisibili e irrinunciabili, nemmeno con delibera assembleare. Nessun condomino può quindi rinunciare ai suoi diritti sugli spazi comuni, né tanto meno può slegarsi dagli obblighi di spesa necessari.

Qualche anno fa è entrata in vigore la cosiddetta riforma del Condominio. Fra i vari punti toccati da questa modifica ad alcune parti del codice civile, c’è anche qualcosa riguardante le parti comuni, uno dei punti che da sempre animano le riunioni condominiali.

Cerchiamo di capire insieme cosa è cambiato, e soprattutto di cosa stiamo parlando quando tiriamo in ballo le parti comuni.

Cosa sono le parti comuni?

In un condominio, per gestire gli ambienti e i beni in comune alle varie abitazioni, si fa riferimento innanzitutto al regolamento interno, che prevede la possibilità di aggiungere ulteriori elementi rispetto a quelli iscritti nel codice civile.

L’utilizzo delle parti comuni è illustrato precisamente nel III libro del codice civile, al capitolo “Condominio degli Edifici”.

Di base, sotto questa specifica rientrano:

  • I locali con destinazione d’uso ai servizi comuni. Fra questi rientrano nello specifico la portineria ove presente, i locali per le caldaie condominiali o per il riscaldamento centralizzato.
  • Il terreno stesso dove è costruito il fabbricato e le zone dell’edificio che quotidianamente sono usate da tutti: scale, androne, portoni di accesso, corridoi, cortili, lastrici solari e tetti.
  • Le installazioni e le attrezzature che sono utilizzati da tutti, come ad esempio i sistemi di distribuzione di energia, gas ed acqua, le fognature, gli ascensori, i sistemi di cablaggio TV e videosorveglianza, i citofoni. Naturalmente, come nel caso delle tubature o dei cavi elettrici, si considerano parti comuni finché non arrivano al punto in cui entrano nelle singole abitazioni.

Le parti comuni possono essere modificate?

Talune deroghe sono possibili in virtù di quanto stabilito nel contratto di acquisto.

Inoltre, le modifiche possono essere decise in occasione delle assemblee condominiali nelle quali votino i 4/5 dei partecipanti al condominio ed i 4/5 del valore dell’edificio per motivi di interesse condominiale.

Tuttavia sono vietate modifiche che potrebbero:

  • pregiudicare la stabilità o la sicurezza dell’edificio;
  • alterare il decoro architettonico;
  • pregiudicare l’indivisibilità di spazi comuni (a meno che non siano d’accordo tutti i condomini dell’edificio).

Nella convocazione dell’assemblea devono essere indicate le parti comuni oggetto di eventuale modifica e la nuova destinazione d’uso.

Parti comuni: sono irrinunciabili e indivisibili

Nessun condomino può rinunciare alle parti comuni condominiali e non può nemmeno pretenderne la divisione. L’articolo 1118 del Codice civile prevede che nessuno possa rinunciare ai diritti sui beni comuni e quindi rifiutarsi di pagare le spese di manutenzione e conservazione.

Tale regola non può essere derogata nemmeno dal regolamento condominiale.
Invece il principio dell’indivisibilità delle parti comuni non è assoluto: l’articolo 1119 del Codice civile prevede che se tutti i condomini sono d’accordo e se la divisione non reca arreca danni agli altri, le parti comuni possano essere divise. Tuttavia la divisione non deve compromettere la destinazione funzionale originaria delle parti comuni.

Modifica delle parti comuni

Alcune specifiche deroghe possono avvenire in virtù di quello che viene stabilito all’interno del contratto di acquisto.

Le modifiche, inoltre si possono decidere durante la sede dell’assemblea condominiale nella quale votino i quattro quinti dei partecipanti e i quattro quindi del valore dell’edificio per motivazioni di interesse condominiale.

Alcune modifiche, tuttavia, sono vietate. Si tratta di quelle che andrebbero a:

  • pregiudicare la sicurezza dell’edificio oppure la sua stabilità;
  • alterare lo specifico decoro architettonico;
  • pregiudicare la caratteristica dell’indivisibilità degli spazi comuni (a patto che tutti i condomini dell’edificio in questione non siano d’accordo).

In queste situazioni, al momento della convocazione dell’assemblea, le parti comuni che sono oggetto di eventuale modifica, devono necessariamente essere indicate assieme alla nuova destinazione d’uso della parte comune.

Approfondimento sui lastrici solari

Una delle parti comuni più sensibili a contestazioni interne e dispute condominiale è il lastrico solare. Di cosa si tratta? In pratica non è altro che la parte piana dell’edificio che serve a coprire l’edificio, e in molte situazioni può essere dato in uso a qualche condomino (chiaramente quello che abita nell’appartamento sottostante, oppure chi lo utilizza per accedere ad una mansarda o altro ambiente di sua proprietà).

In caso di spese di ricostruzione o di riparazione del lastrico solare, il codice civile prevede che le spese siano ripartite per un terzo a chi ne è l’utilizzatore esclusivo, e per gli altri due terzi al resto dei condomini che ne sfruttano le proprietà di copertura.

A meno che la ristrutturazione non sia dovuta ad un pessimo utilizzo da parte del destinatario d’uso: in questo caso, dopo gli accertamenti dovuti, è quest’ultimo a doverne sostenere i costi per intero.

Differenze fra tetto e lastrico solare

Per quanto riguarda il trattamento del tetto, invece, il discorso è diverso rispetto al lastrico. Infatti, è considerato dal codice civile come proprietà di tutti i condomini i quali sono di conseguenza costretti a pagarne le spese suddividendo le quote a seconda dei millesimi presenti in tabella. Chiaramente, se i lavori sono necessari solo su una parte di tetto, le spese sono sostenute esclusivamente dai proprietari degli appartamenti che ricadono sotto la verticale della zona da riparare.

Lavori su pavimenti e soffitti

Diceva un noto detto: il soffitto di un uomo è solo il pavimento di un altro uomo…! A chi spettano dunque le spese in caso di ristrutturazione di uno dei due ambienti? Naturalmente, come vuole la logica, le spese del pavimento vengono pagate dal proprietario dell’appartamento soprastante, mentre le spese del soffitto vengono pagate dall’inquilino sottostante.

Se non voglio pagare per le parti comuni?

Il codice civile (articolo 1123) è chiarissimo in questa materia: non esiste la possibilità per un condominio di sottrarsi a qualsiasi obbligo (così come non può vedersi togliere eventuali diritti) rispetto alle parti comuni: in pratica, si è costretti a sostenere le spese per ogni tipo di intervento in tal senso.

Suddivisione delle spese per le parti comuni

Come vanno suddivise le spese relative alle parti comuni definiti dal codice civile e dal regolamento di condominio?

Di solito, possono presentarsi tre possibilità:

  • se a godere delle parti comuni sono, in misura congruente, tutti i condomini, le spese vengono ripartite in base alle tabelle millesimali;
  • se le parti comuni sono utilizzate in maniera diversa dai vari condomini (ascensori, rampe per disabili, ecc), le spese vanno ripartite a seconda del loro uso;
  • l’ultimo caso, di cui abbiamo già parlato, è quello di zone come il lastrico solare (impianti e cortili usati solo da parte dei condomini): le spese vengono suddivise solo da chi utilizza tali parti comune per trarne vantaggio.

I diritti dei condomini sulle parti comuni

I diritti di tutti i condomini sono, ovviamente, proporzionati a seconda del “valore dell’unità immobiliare” che possiedono. In modo specifico è stabilito che:

  • c’è il divieto di fare rinuncia agli spazi comuni;
  • esiste anche il divieto di rinuncia all’utilizzo degli spazi comuni con lo scopo di ottenere una diminuzione delle spese da sostenere.

Un discorso a parte va fatto invece per quanto riguarda gli impianti. In questo caso, infatti, i condomini hanno libera decisione sulla rinuncia, o meno, all’utilizzo dell’impianto centralizzato per il riscaldamento oppure per il condizionamento, a patto che tale scelta non comporti:

  • degli squilibri di funzionamento verso gli altri condomini;
  • un aggravio di spesa per gli altri condomini.

I condomini che decidono di rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato restano comunque obbligati a corrispondere:

  • gli oneri per la manutenzione straordinaria degli impianti;
  • le spese relative alla conservazione e alla messa a norma dell’impianto.

Riforma condominio e parti comuni

Dopo la recente riforma, l’assemblea assume maggiori poteri decisionali in merito alla gestione delle parti comuni. Sarà più facile quindi cambiarne la destinazione d’uso, qualora tale decisione è presa dai quattro quinti del totale dei millesimi o degli inquilini.

Oltre alla facoltà di modificare la destinazione d’uso, c’è la possibilità di decidere anche la vendita di determinati ambienti comuni e la valutazione di violazioni dovute ad utilizzo non lecito degli stessi. In questi casi, l’assemblea può punire un comportamento ritenuto illecito solamente nel caso in cui si raggiunga la maggioranza assoluta dei presenti.

Per ulteriori informazioni è possibile consultare il codice civile, nello specifico l’articolo 1117-ter.

Uso dei beni comuni

Nei condomini convivono sia beni di proprietà dei singoli condomini che beni comuni. I proprietari hanno il diritto di usare come ritengono opportuni i beni di esclusiva proprietà ma l’uso dei beni comuni è, invece, regolato da norme del regolamento di condominio.

Esiste la possibilità che nell’atto di acquisto siano richiamate le norme del regolamento condominiale mediante le quali sono imposti dei limiti agli utilizzi che i proprietari possono fare della propria unità immobiliare.
Se questi limiti devono vincolare il condomino, essi, devono essere specifici, devono risultare nel regolamento condominiale scritto ma soprattutto, all’atto di acquisto, deve essere dimostrato che il condomino ha accettato le suddette limitazioni che, comunque, devono essere tali da non impedire ai proprietari ogni forma di utilizzo della propria unità immobiliare.
La legge, in ogni caso, stabilisce che non si può vietare ai condomini di avere animali da compagnia nelle unità abitative di loro proprietà.

Interventi e lavori nelle singole unità abitative e nelle parti comuni

Oltre alle limitazioni presenti nel regolamento contrattuale, la legge dice che il condomino nell’utilizzo dei i beni di sua proprietà non dovrà mai ledere i diritti di altri condomini sugli immobili di proprietà loro. Non sono consentiti, infatti, interventi che:

  • danneggiano le parti comuni;
  • pregiudicano la stabilità o la sicurezza dell’edificio;
  • pregiudicano il decoro architettonico dell’edificio.

In qualunque caso il condomino che vuole realizzare lavori sue parti di sua proprietà deve comunque comunicarlo all’amministratore anche se non è richiesta alcuna approvazione dei lavori da parte dell’assemblea condominiale.
Le medesime regole si applicano se il condomino vuole effettuare tali interventi su beni comuni che gli sono attribuiti in uso esclusivo.

La legge permette ai singoli condomini di intervenire sulle parti comuni per:

  • installare impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva o accedere a qualsivoglia flusso informativo. In tal caso l’intervento va effettuato rispettando le normative in materia di rete pubblica e conservando il decoro architettonico dell’edificio;
  • installare impianti per produrre energia dalle fonti rinnovabili. In tal caso l’intervento si può effettuare sia su lastrico solare che su altre superfici idonee.

Se tali interventi comportano modifiche alle parti comuni, il singolo deve avvisare l’amministratore e specificare quali lavori si devono effettuare e con quale modalità verranno realizzati.
In tal caso l’assemblea può stabilire:

  • modalità alternative di realizzazione del lavoro;
  • la subordinazione dell’esecuzione dei lavori a garanzie per eventuali danni nelle parti condominiali.

Usare i beni condominiali

Ci sono, poi, dei beni condominiali che sono destinati ad uso collettivo e sono:

  • Le parti necessarie all’uso comune quali suolo, fondazionimuri maestripilastri e travi portantitetti e lastrici solariscaleportoni di ingressovestibolianditiporticicortili e facciate;
  • Aree di parcheggio e locali per i servizi in comune, quali portineria e alloggio del portiere, lavanderiastenditoi e sottotetti destinati all’uso comune;
  • Opere, installazioni e manufatti di ogni genere destinati ad uso comune, quali ascensoripozzicisterneimpianti idrici o fognari, sistemi centralizzati per distribuzione e trasmissione del gas, dell’energia elettrica, del riscaldamento e del condizionamento dell’aria, della ricezione radiotelevisiva.

Questi vanno utilizzati dai condomini:

  • Secondo la normale destinazione d’uso;
  • Rispettando le norme del regolamento di condominio
  • Senza pregiudicare l’utilizzo altri condomini del medesimo bene.

I condomini possono decidere in assemblea di cambiare la destinazione d’uso di un bene ma è necessaria la maggioranza di 4/5 del valore dell’edificio e se la nuova destinazione è ben funzionale agli interessi dell’intero condominio, in caso contrario la delibera può essere impugnata per averne l’annullamento.